stemma

La Principesca Casa Paternò discende dalle Case Sovrane dei Conti di Barcellona e di Provenza. Dai numerosi documenti storici, il più antico dei quali risale al 1106, sappiamo infatti che: "L'origine della famiglia siciliana dei Paternò... risale al cavaliere provenzale Roberto, Conte d'Embrun, della Casa Sovrana di Barcellona e di Provenza... che, per aver espugnato il castello di Paternò (1071), ne ottenne la signoria feudale e ne prese il nome" (Enc. Trecani, Voce Paternò).
Roberto d'Embrun-Paternò ebbe particolare rilevanza tanto che il Gran Conte gli concesse feudi e riconscimenti, fra i quali, non banale, quello di disporre che sull’architrave del Duomo di Catania fossero apposti tre stemmi: il suo, quello della città di Catania e quello  di Roberto d’Embrun, il celebre stemma Barcellona che da allora è anche l’Arma dei Paternò. Un figlio di Roberto d’Embrun, Gualterio, fu Arcivescovo di Palermo ed un suo pronipote, "Costantino II, Conte  di Butera sposò una pronipote di Ruggero II", vale a dire Matilde dell’Aquila, Drengot ed Altavilla, Contessa di Avenel.
Fra i membri della Casa Paternò troviamo Presidenti del Regno, Strategoti di Messina (seconda carica del Regno), Maestri Razionale della Magna Regia Curia, Vicari Generali del Regno, Senatori, Ambasciatori a Re e Pontefici, Arcivescovi, Vescovi, Cardinali e valorosi guerrieri. I Paternò hanno altresì posseduto piu di 170 feudi principali, nel XII secolo erano già Conti di Butera ecc., e fu la prima Casa del patriziato Catanese cui fu concesso (1633) il titolo di Principe (Pr. di Biscari), nonchè il potente privilegio feudale del mero e misto imperio (e cioè del diritto di vita o di morte sui propri vassalli), privilegio che alla fine del 1600 era stato loro concesso su altri quarantotto feudi. I Paternò, infine, che a metà del 1400 entrarono a far parte dell'Ordine di Malta, hanno avuto diritto a sei seggi ereditari nel Parlamento Siciliano, di più cioè di qualunque altra famiglia del Regno di Napoli o di Sicilia.

La storia della Casa Paternò s’intreccia comunque con quella di Catania a favore della quale ottennero molti privileggi, il più importante dei quali fu forse quello del Buxolo che escludeva l'ingerenza del potere Reggio nell'amministrazione della città, potere che veniva invece affidato alla Mastra Nobile nella quale i Paternò non solo erano inscritti come la famiglia più antica, ma nella quale, come ricorda l'Enc. Treccani, vi dominavano al punto da: "farne escludere chiunque ad essi non piacesse e da impedire a chiunque di potere fare parte dei Nobili e del Governo della città di Catania senza il loro consenso". Sul versante del mecetanismo, basti infine ricordare che il Principe Ignazio Paternò Castello di Biscari, "si costituì addirittura uno dei più bei musei privati del mondo" (D. Mack Smith) che è ricordato anche dal Goethe, dal Saint-Non, ecc.
Alla caduta del feudalesimo, la Casa Paternò aveva conservato 80.000 ettari di territorio e “ben cinque seggi ereditari al Parlamento Siciliano, undici fra città e terre in vassallaggio con circa 20.000 sudditi... ventisei feudi (fra principati, ducati, baronie, ecc) con il mero e misto imperio... ” (Cfr. Enc. Treccani). E non si possono infine non ricordare i sei conventi e i cinque Orfanotrofi che furono fondati nel corso del tempo dai membri di questa Casa e che in parte ancora sussistono.  E non è un caso, dunque, che F. De Roberto, nei suoi "I Vicere" si riferisse in realtà ai Paternò, e precisamente ad Antonino Paternò Castello di Sangiuliano che fu Ambasciatore e Ministro degli Esteri, e che nel libro viene identificato con Consalvo Uzeda.
Per saperne di più

Wikipedia - Famiglia Paternò
Almanacco del Gotha
Genealogia dei Paternò